Possiamo urlarlo a gran voce: l’Italia è campione d’Europa per la seconda volta nella sua storia (dopo il primo trionfo datato 1968). Gli azzurri battono ai calci di rigore l’Inghilterra a Wembley e sfilano via la Coppa a chi troppo presto ne aveva decantato la conquista. Dopo uno dei punti più bassi (se non il più basso) della nostra storia calcistica, ovvero la mancata qualificazione ai Mondiali di Russia del 2018, la Federazione ha deciso di dare vita ad un nuovo progetto con Roberto Mancini in panchina sulle ali di un nuovo Rinascimento italiano. Un Rinascimento che è cresciuto passo dopo passo e che ci ha permesso di tornare ad emozionarci e ad abbracciarci per la nostra Nazionale dopo il buio venturiano.
E il maggior artefice di questo capolavoro è il tecnico Roberto Mancini. Presentatosi nel maggio 2018 con «vorrei essere un ct che riporti l’Italia dove merita», ha avuto il merito di non sbagliare pressoché nulla riportandoci alla ribalta delle cronache mondiali e forgiando un gruppo, una famiglia di giocatori coesi e uniti, capaci di mantenere un’identità ben precisa anche di fronte alle avversità. Il tecnico di Jesi, con il trionfo di ieri, ha realizzato anche il nuovo record di risultati utili consecutivi (34). Il vero quadro di questo Europeo è il suo abbraccio, a fine partita, con il compagno e amico Gianluca Vialli. I due si sono presi la rivincita proprio in quello stadio in cui persero la finale della Coppa dei Campioni con la maglia della Sampdoria (in quella squadra c’erano anche i collaboratori Attilio Lombardo e Giulio Nuciari).
Onore, poi, agli azzurri. Iniziando da Donnarumma (premiato come miglior giocatore degli Europei), passando per i due totem difensivi (capitan Chiellini e Bonucci), lo straordinario Chiesa, i professori della tecnica Jorginho, Verratti e Insigne, il fenomenale Spinazzola, i working class hero Di Lorenzo e Pessina (che fino a qualche anno fa militavano in Serie C), i due giovani esperti (Locatelli e Barella) e via via tutti gli altri (Berardi, Cristante, Emerson, Immobile, Belotti, Florenzi, Toloi, Bernardeschi, Acerbi, Bastoni, Meret, Sirigu, Raspadori e Castrovilli).
Grandi meriti anche per la FIGC, capace di realizzare un nuovo Rinascimento in tempi brevissimi. Un bel 10 in pagella per il presidente Gravina, bravo soprattutto nel ricreare entusiasmo all’interno della Nazionale. Ottima anche la scelta di rinnovare il contratto a Mancini prima dell’inizio della competizione fino al 2026, segno della fiducia verso il suo lavoro e il suo gruppo di lavoro a prescindere da come sarebbe andata.
Adesso, però, non bisogna fermarsi. Al di là dei prossimi Mondiali, è necessario portare un nuovo Rinascimento in tutte le categorie del calcio italiano, dilettanti e giovanili compresi. Un movimento che, salvo qualche piccola eccezione, è fermo al palo da quasi due anni (causa emergenza sanitaria) e che necessita di aiuti e sostegni per continuare ad essere il principale movimento sportivo presente in Italia.