Luci ed ombre della riforma dello sport, il principale tema di discussione delle ultime settimane in ogni ambito. Le misure approvate dal Consiglio dei Ministri cambierebbero molto nella gestione del settore e nella quotidianità degli addetti ai lavori. Vincolo sportivo, figura del lavoratore sportivo, governance e non solo: spunti di riflessione che, negli ultimi anni, nessuno aveva provato a modificare a livello giuridico, ma ora c’è un passo in avanti. La redazione di Abruzzo Calcio Dilettanti ha raccolto le riflessioni dell’Avvocato Antonio Paoluzzi, tra le figure più note in ambito sportivo, il quale ha messo in luce molte peculiarità, toccando anche tematiche esterne alla riforma stessa.
Scenario ancora da delineare
«Parto dal presupposto che finché non leggeremo il testo della riforma e finché la stessa non comparirà sulla legge di bilancio, tutto resta vago e nemmeno di sicura attuazione, forse sono troppo fiscale in questo ma aspetto per avere certezze. Sicuramente si va verso una fase di crisi come ha sottolineato il Presidente Sibilia. Lo scenario che ci si presenta davanti, come ben si è capito, porterà maggiori oneri per le società che vengono da una situazione difficile già di suo, a meno che non ci siano varie sovvenzioni all’interno delle norme. Si pensi semplicemente a quanto costerà ogni contratto, quasi il doppio dello stipendio dell’atleta. Ora viene da pensare che l’unica soluzione sia la riduzione della paga di ogni calciatore pensando a quello che potrebbero avere dal fondo pensionistico, altrimenti non se ne esce».
Il lavoratore sportivo
«Se bisogna fare la gestione separata con l’Inps, bisogna capire, al momento dell’uscita del testo della riforma, come verrà gestito il discorso delle aliquote contributive, cioè quale sarà la percentuale dei contributi da versare all’ente. Io porrei l’attenzione su un altro aspetto. Il professionista, dopo venti o trent’anni di carriera, sa già che va incontro al fondo pensionistico e che comunque, vuoi o non vuoi, percepirà un’alta cifra, è inutile girarci intorno. Il Dilettante, invece, non ha introiti così alti come si possa pensare, per lo meno, ad oggi, e perciò il suo sarà un reddito aggiuntivo, a fine carriera, di bassa quota. A questo punto torniamo al nodo principale: non si è parlato di gestione separata come il professionismo, ma di gestione separata all’Inps, cioè è il binario ordinario di ogni lavoratore. Parliamo di cifre bassissime, non mi sembra conveniente per il calciatore e nemmeno per le società che versano contributi a tutti i propri atleti».
Da non sottovalutare
«Da quello che è stato fatto intendere, si assoggettano le società, anche dilettantistiche, a regime IVA, sia in entrata, sia in uscita. Non serve un genio per capire che in questo modo il bilancio dei club ne risentirebbe. Quando lo hanno capito anche dall’alto, allora è stata aggiunta la possibilità di fare attività commerciale purché in secondo piano rispetto a quella sportiva, è una sorta di mascheramento della situazione, magari aprendo ad agevolazioni per le società stesse».
L’apprendistato
«Altro aspetto che regolamenta i collaboratori e sarebbe veramente una cosa buona, soprattutto per inserire i più giovani in questo settore. Il contratto di apprendistato darebbe alle società uno sgravio fiscale di non poco conto, ma soprattutto si darebbero certezze a tutti quei collaboratori che oggi, diciamolo chiaramente, non hanno garanzie e tutele. Questa nuova direttiva darebbe una tabella minima di pagamento ai collaboratori, allo stesso tempo si farebbe crescere il ragazzo professionalmente. Vogliamo sempre affermare che non si investe sui ragazzi, ecco la giusta occasione per cambiare le cose. Non è un errore, anzi. L’accordo di apprendistato è un incentivo per i giovani per entrare nelle società affidando loro anche ruoli importanti».
Il vincolo sportivo
«Una riforma del vincolo è necessaria, ma attenzione, riforma e non cancellazione. Con il regolamento attuale, ai sensi degli articoli 32 e 33 del N.O.I.F., ci sono due scenari, uno per il dilettante ed uno per il professionista “under”. Nel professionismo, il giovane calciatore che ha compiuto 14 anni di età è soggetto alla firma di un tesseramento con la società che ha la durata di 5 anni, fino al raggiungimento dei 19 anni. La rescissione del vincolo può esserci per inattività della società o per iniziativa della stessa. Per i dilettanti, il vincolo è ancor più opprimente, poiché dura dal quattordicesimo (nella maggior parte dei casi) e in alcuni casi dal sedicesimo, al venticinquesimo anno di età. Mi permetto di definirlo “un ergastolo” per l’atleta, che si vede cambiata la vita non potendosi tesserare con altri club per un periodo di quasi 10 anni, proprio nella fase di formazione totale delle sue abilità calcistiche. Io sono sempre stato dell’opinione di dover semplicemente adattare il format dei professionisti ai dilettanti, in modo che a 19 anni il giovane è libero di scegliere la sua strada. Quello che è stato fatto, ora, è disastroso per le società. Il premio di preparazione, con la riforma, verrebbe attribuito solo nel caso in cui il calciatore firmi con una società dalla Serie C in su. Parliamo dei numeri, allora: ad oggi, solo il 30% dei giovani dilettanti arriva al professionismo. Il restante 70% degli under di Serie D scende di categoria. Tutte le società che fanno puramente settore giovanile risulterebbero penalizzate, non prenderanno mai, o quasi mai, il premio di valorizzazione. L’articolo 96 del N.O.I.F. è stato riformato lo scorso anno, a luglio. Il premio di preparazione viene garantito alle ultime 3 società, siano esse della LND o professionistiche, degli ultimi 5 anni. Dopo questa modifica, subito arriva questa riforma».
Sport femminile equiparato al maschile
«Il passaggio da livello dilettantistico a livello professionistico, comporta spese maggiori per le società: si versa l’iva, ci sono i controlli COVISOC e così via. Sicuramente per le atlete questo passaggio è un bene, ci sarà un tetto minimo di paga e poi andranno incontro al fondo pensionistico come vale per gli uomini. Va capito se la gestione equiparata con l’INPS vale anche per lo sport femminile, ma per un discorso di coerenza nel testo, dovrebbe essere così. Proprio ora che il calcio femminile prende vita in sempre più realtà, sia come futsal che come calcio a 11, si andrebbe verso una situazione drammatica che metterebbe le società in una condizione di profonda riflessione».
Non il momento giusto
«La riforma poteva essere posticipata. Pensiamo alla riforma di gestione delle imprese, con il Covid si è bloccata e si riparte a settembre 2021. Lo stesso si sarebbe dovuto fare con lo sport, anche se, seppure entri in vigore ora, i primi effetti si vedranno entro uno o due anni. La cosa strana è che non ci sia stata una valutazione con tutti i rappresentati delle categorie toccate. Non c’è stato un colloquio con l’AIC, con la LND, con l’Associazione degli allenatori, questa è stata una pecca. Si è arrivati ad uno scontro politico, e quando la politica entra nello sport, è la fine. Sono anni che la riforma era nell’agenda del Governo dopo i tanti confronti con l’AIC, ma nessun Ministro si era mai seduto ad approfondire il tutto. Adesso è successo l’opposto, Spadafora è partito come un treno, facendo delle modifiche certo, ma chiudendo la pratica in poco tempo».
Le tante richieste di aiuti economici
«Nel decreto ristori c’è uno stanziamento di 140 milioni per i collaboratori sportivi sottoposti ad inattività nel periodo del Covid. Succede che la Serie D non è stata sospesa, ma c’è stata una semplice variazione al calendario, perciò chi lavora e gioca in questa categoria non rientra nella fascia dei beneficiari. In parole povere, non si gioca, non si hanno introiti dagli sponsor e dai biglietti, ci sono notevoli spese per i protocolli, che a breve verranno aggiornati, e i club pagano gli stipendi, noto un po’ di controsenso. La cosa assurda è che con quei 140 milioni si pagano solo determinati collaboratori sportivi e non tutti. Pensiamo all’Eccellenza a 20 squadre, parliamo in tutto di 160 squadre. In 3 mesi si spendono 50 milioni per le società, ma non sarebbe stato più economico semplicemente stanziare 20 milioni, o 30, per il rispetto di un protocollo, facendo così giocare i campionati? Anche perché, chiaramente, chi beneficia del bonus ottiene 800 euro, ma non si pensi che nella quotidianità sportiva si guadagnino minimo 800 euro, ma molto di meno nella maggior parte dei casi. Una soluzione sarebbe stata creare delle fasce in base a quanto si percepisce da contratto, riconoscendo una certa indennità per ogni fascia».
La crisi del mondo dilettantistico
«La situazione è un vero dramma per le basse categorie, con spese sempre più ingenti. Si parlava di spendere di meno, ma da quel che noto, le società non hanno seguito questa linea. Viene danneggiato anche chi l’ha seguita, attenzione. Noi stiamo perdendo una intera categoria di calciatori. Dall’Under 17 in giù, cioè fasce di età determinanti per la crescita dei ragazzi, sono tutti fermi. Un domani, quando la Nazionale avrà bisogno di calciatori, non saremo pronti ad offrirli. C’è stato il blocco dello scouting per un anno intero, penso all’Empoli, che è tra le realtà che tirano fuori più ragazzi dalle giovanili, che oggi lavora solo sul territorio a causa della pandemia, immaginiamo come si stiano adoperando le altre squadre. L’unico campionato che non è stato effettivamente sospeso è stato quello Primavera, ad eccezione della Primavera 3. Questo perché alle grandi squadre servivano ragazzi per sopperire alle assenze causate dalle positività, come successe al Genoa, com’è successo recentemente alla Lazio in Champions, che aveva la quasi totalità della panchina proveniente dalla Primavera».
Codacons e Sibilia
«Attenzione, è vero che anche altri hanno fatto come Sibilia in passato, ma la norma è chiara. Non si può avere il ruolo di dirigente sportivo se si è politici. Prima non se ne sono accorti, oggi qualcuno ha aperto gli occhi, ma la difesa del Presidente della LND non potrà far leva sul fatto che precedentemente qualcuno ha commesso lo stesso errore. Quando c’è un esposto, significa che qualcosa non va e la legge va rispettata, come doveva esserlo in altri tempi. Cosa succederà? Sibilia rimarrà in carica per tutto l’iter, quando verrà chiamato in causa per difendersi di fronte a prove concrete, lì dovrà essere lui a scegliere se rimanere presidente della LND o dimettersi».
Nicolas Maranca