Non è solo l’Eccellenza a tener banco nell’incerto futuro del calcio dilettantistico. La sensazione, ormai, è che non si possa pensare ad una ripartenza prima di gennaio o febbraio, con gli annunci di vaccini anti-Covid che fin qui hanno avuto il solo risvolto di far alzare l’indice delle borse nelle principali piazze mondiali e null’altro di concreto. Vaccino che, per i più, è l’unica soluzione prima di ripartire con le attività. Ciò vorrebbe dire restare senza calcio nelle categorie minori, a meno che non si corra il rischio di riprendere. L’Abruzzo lavora su possibili format, ma c’è scetticismo tra le società. Ai microfoni di Abruzzo Calcio Dilettanti, lo conferma il Presidente Ennio Pirocchi, massimo dirigente del Miano, squadra iscritta al girone B di Promozione.
La realtà dei teramani
«Ho spesso l’impressione che a livello generale non si ha bene conscienza di quello che è il calcio dilettantistico. I dirigenti nazionali pensano ai dirigenti di Serie D e alle grandi realtà di Eccellenza, ma questo mondo è fatto di realtà umili e con già altre difficoltà. Il Miano gioca in Promozione, ed è già un grande risultato, pur non potendo contare su un proprio impianto, poiché troppo piccolo di dimensioni, e da alcuni anni fa uso dell’Acquaviva di Teramo. Ora, per farla breve, qui ci giocano squadre dal mattino alla sera, dai giovani, alla Promozione, passando per Terza, Seconda e Prima Categoria. Abbiamo sempre detto che per noi l’importante non è fare grandi campionati, ma mantenere l’utilità sociale di una società sportiva, soprattutto per la nostra cittadina. Però è chiaro che, in strutture simili, è difficile lavorare con i protocolli chiesti alle società in tempi di Covid, soprattutto perché gli atleti di queste categorie non fanno i calciatori di professione, ma hanno altre attività e hanno delle famiglie cui pensare, senza metterle a rischio».
Stop anche alle categorie giovanili
«Tocchiamo un tasto dolente. Noi eravamo pronti a partire con la squadra Juniores e ci siamo dovuti fermare quando c’era un entusiasmo unico, mi dispiace enormemente per i ragazzi e spero di rivederli presto in campo. Ciò dovrà però avvenire quando ci saranno condizioni di sicurezza assoluta. In estate non mi sono sentito chiedere se fossimo d’accordo sulla ripartenza immediata, si potevano prendere altre vie. Anche perché la seconda ondata era prevedibile e prevista da diversi mesi, e noi eravamo impreparati. Non era normale pensare che i nostri figli e nipoti frequentassero le attività quotidiane di una società sportiva mentre non andavano a scuola per evitare il contagio, un controsenso. Adesso non bisogna sbagliare ancora, sono pronto a schierarmi tra chi non vuole riprendere, prima si tuteli la salute e poi il resto».
La ripartenza
«Siamo qui a parlare di format e campionati rivisitati, ma io faccio un passo indietro verso la scorsa stagione. Quando tutti si chiedevano come dovesse terminare l’annata 2019/2020 nelle tante riunioni a distanza fatte, io mi imponevo nel dire che bisognava pensare in realtà a cosa farne della stagione 2020/2021, perché lo scenario che ci si presentava davanti era difficile e non poco. Potevamo fermarci per questa stagione? Sì, non sarebbe stato un errore. La composizione dei gironi con meno squadre lasciava intendere che comunque la LND aveva previsto qualche ostacolo lungo il tragitto, però adesso è ancora peggio. A mio avviso, pensare di far riprendere i campionati a metà gennaio è un sogno, rischiamo di andare a febbraio inoltrato, poi come facciamo, giochiamo fino a luglio? Il congelamento delle attuali classifiche non è utopistico, pensiamoci».
Necessità economiche
«Ogni società ha dovuto e deve sostenere costi ingenti per sanificare le strutture e per rispettare tutti i protocolli. Il vero problema non era riprendere a settembre, adesso assisteremo al dramma di come si possa proseguire. Le piccole società corrono ora il rischio di scomparire, perché il nostro sistema vive di tante piccole sponsorizzazioni che, ora come ora, non tutti potranno confermare. Non so se serva continuare a chiedere cifre astronomiche a chi ne ha già date tante, si potrebbe benissimo pensare di ridistribuire i fondi già versati per le iscrizioni. Sono preoccupato, conosco da sempre questo movimento, so cosa significa essere dilettanti per atleti, allenatori e dirigenti».
Nicolas Maranca