1946, la nascita della Repubblica Italiana. 1954, la RAI arriva sul piccolo schermo. 1982, l’Italia è campione del mondo di Calcio. Sono le tre date simbolo del secondo dopoguerra legate alla nostra Nazione. Tanti sono gli uomini che hanno scritto la storia del Paese, su tutti Paolo Rossi. Perché prima che calciatore, è stato il simbolo del riscatto dell’Italia in un delicato momento storico. Ha dimostrato la voglia di tutti gli italiani di lasciarsi alle spalle gli anni di piombo e i tanti problemi economici. Ha attirato l’attenzione di tutti sulla competizione iberica, con i suoi gol e le sue movenze in campo, distogliendo lo sguardo dal pericoloso scenario della Guerra Fredda che contraddistingueva i due blocchi mondiali. Ha reso possibile l’impossibile, ponendo milioni e milioni di italiani nella condizione di capire che ogni sogno, anche nei momenti più bui, può realizzarsi. La penisola intera ha levato le braccia al cielo, come il numero 20 azzurro, vivendo la vita con leggerezza da quel campionato del mondo in poi. È stato il simbolo del riscatto. È stato un trascinatore venuto dalla normale quotidianità. È stato Paolo Rossi, l’uomo del Mundial, l’uomo degli italiani.
E il 1982 è stato indiscutibilmente il Mondiale di Paolo Rossi. “Pablito”, purtroppo, questa notte ci ha lasciato, stroncato da un male incurabile. Aveva 64 anni e lascia una moglie e tre figli.
Un simbolo
Paolo Rossi iniziò a “dare calci ad un pallone” all’età di sei anni, con la scuola calcio “Santa Lucia” nella sua città natale, Prato. Quando lasciò il Como nel 1976, iniziò la storia dell’Italia che è stata e che sarà per sempre. I tre anni di Vicenza lo hanno fatto conoscere a tutti, ragazzo genuino, magrissimo e con un incredibile fiuto del gol. Una cattiveria sotto porta che è lo specchio della voglia di riscatto che doveva avere questa Nazione. A pochi mesi dalle Notti dei fuochi del Veneto, dalle violente manifestazioni di Milano, Bologna, Torino e Roma, dalle morti di Settimio Passamonti e Antonio Custra e nell’era della P38, il giovane Paolo Rossi divenne capocannoniere di Serie B dando un’indimenticabile promozione al Lanerossi. L’anno successivo andò ancora meglio, sfiorando lo Scudetto di fronte alla corazzata bianconera. Pochi anni dopo, nel nuovo decennio, dopo una piacevole parentesi perugina, l’era alla Juventus. Due Scudetti, una Coppa dei Campioni, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa UEFA ed una Coppa Italia. Tutto questo nei cinque anni bianconeri, cui va aggiunto il titolo di capocannoniere nella Coppa dei Campioni con sei gol (1982-1983).
Nel 1985, altro periodo buio per il Paese, tra l’omicidio del commissario Cassarà e la catastrofe in Val di Stava. Un altro cambiamento nella vita di Rossi, che decise di vestirsi di rossonero cercando di regalare nuove gioie al calcio e al panorama italiano. “Pablito” accettò la corte del Milan, ereditando la maglia numero 10 che era stata di Gianni Rivera, ma l’esperienza non fu indimenticabile, con un infortunio fastidioso a spezzettarla, ma con la gioia dei due gol nel derby della Madonnina. L’anno successivo la sua carriera si chiuse con la tappa di Verona. I dolori alle ginocchia, vero tallone di Achille dell’eroe mondiale, lo costrinsero a ritirarsi all’età di 31 anni. Nella vita, però, ha continuato a tenere le mani al cielo, sorridendo e senza mai fermarsi.
Eroe Mundial
Un’estate, quella spagnola del 1982, che difficilmente gli appassionati di calcio possono dimenticare. Nessuno, all’inizio, si sarebbe aspettato un simile risultato, nessuno! Ma la figura di Paolo Rossi si è trasformata, ben presto, in simbolo di un’intera nazione: in eroe mondiale. Nonostante due anni bui a livello personale (squalificato per calcio scommesse), Rossi si prese la sua rivincita proprio in quella competizione, laureandosi campione del mondo, conquistando il “Pallone d’Oro” e il titolo di capocannoniere di quell’edizione del Mondiale con 9 centri all’attivo. Il centravanti azzurro tenne incollato un’intero Paese alla tv grazie alle sue gesta: tripletta al Brasile, doppietta alla Polonia in semifinale e gol in finale contro la Germania Ovest. Paolo Rossi diventò ben presto l’idolo di una generazione che sognava, un giorno, di diventare quel calciatore, quell’uomo: un Paolo Rossi.